Da cinefila incallita, comincio col citare lo splendido e famosissimo film di Charlie Chaplin "Tempi moderni" , esemplare metafora del ritmo frenetico, robotico e disumano imposto al lavoratore in una fabbrica per produrre al massimo secondo i dettami dell' economia che pretende introiti in ogni istante del tempo. Vedendo il film si ride, o meglio, si sorride a denti stretti, percependo chiaramente una terribile amarezza di fondo, stante proprio nel seguire il protagonista il quale finisce alla lettera stritolato negli spietati ingranaggi della catena di montaggio che alimenta la produzione industriale. Lavorare dunque, sempre, senza sosta, con la concessione di soli pochi minuti per consumare un pasto veloce, spesso consistente in un panino mangiato in piedi, per poi riprendere il posto alla catena, e continuare a produrre in nome della concorrenza. Memorabile la sequenza dell' infernale apparecchio a cui Charlot viene inchiodato per poi essere imboccato in modo da velocizzare il pranzo.
Chi più produce, più guadagna. Ma non è questo il punto che intendo
toccare. Il punto è l' assenza di tempo per pensare anche soltanto
di essere vivi e al mondo, e ciò non riguarda solo l' attività travolgente del lavoro
industriale, bensì la vita stessa di tutti noi.
Chi si ferma è perduto, si usa dire; sicuri
che sia così?
È
proprio necessario riempire ogni attimo della nostra esistenza facendo
qualcosa, senza fermarsi mai se non per alimentarsi e dormire? Tutto questo per
arrivare dove? Che nella vita ci si ponga un obiettivo, o svariati obiettivi ci
può
stare; è
giusto o, almeno, è quasi naturale, ma è davvero saggio demolirsi di
fatica, impiegando ogni istante del proprio tempo nel raggiungimento di tale
obbiettivo senza permettersi mai una pausa di riflessione e semplicemente
guardarsi intorno, se non altro per aggiornarsi sul nostro prossimo che ci sta vicino?
La giornata comincia all'
alba con il lavoro e termina al tramonto col ritorno a casa, accolti dalla
famiglia che reclama le sue sacrosante esigenze. "Non ho mai un minuto per
me!" é
il lamento continuo classico, soprattutto della donna di oggi, divisa fra il
lavoro fuori e dentro le mura domestiche, come se avesse seguito una sorta di
prescrizione medica! Nessun dottore le ha ordinato di lavorare e metter su
famiglia, ma lei lo ha fatto, fagocitata dalla consuetudine, da una specie di
legge non scritta, ma da rispettare come se fosse presente nel codice civile, non
fermandosi a pensare se veramente sarebbe valsa la pena farlo o se sarebbe
stata idonea a sobbarcarsi una simile fatica. Si fa e basta perché tutte lo fanno. Tutte?
Proprio tutte? Più o meno, sì.
Anche questo è una sorta di meccanismo, un'
induzione automatica prodotta dall' abitudine e dallo stimolo dell' emulazione.
"Anch' io voglio una famiglia, con figli" è la frequente dichiarazione
di molte ragazze che vedono le amiche più avanti in età, scorrazzanti spingendo
carrozzine e passeggini, salvo poi rendersi conto, al momento in cui anch' esse
si trovano nella medesima situazione, che quella vita non è per loro.
Ma al giorno d' oggi pensare
sembra vietato o, quanto meno,
sconsigliato. Bisogna rimanere in moto. Sempre. Fare senza pensare. Vivi
come fosse il tuo ultimo giorno sulla terra, ma pensa come se potessi campare
cent' anni! Se ogni tanto non posi i remi in barca, difficile che riuscirai a
campare cent' anni! Il corpo umano è un motore che alla lunga, se
usato troppo, si rovina e cessa di funzionare prima della scadenza. Poi ci si
lagna perché
il mondo va a rotoli.
La qualità della razza umana pare
essersi deteriorata oltremodo; qualcuno si è domandato il perché? Va detto però che il perenne e frenetico
movimento degli esseri umani, senza avere mai un minuto per riflettere, torna
comodo a chi comanda in quanto la mancanza di tempo per pensare evita qualunque
tipo e tentativo di critica verso gli interessati. "Lavora, schiavo! Non
fermarti! Potresti sorprenderti a pensare! Non va bene" direbbe un Capo il
quale per primo sa che se il suddito si ferma per riposarsi, immancabilmente
pensa, e non è
impossibile che il suo pensiero sia negativo nei confronti del superiore.
E così ognuno di noi riempie il
giorno di attività, non di rado inutili, le quali però impediscono le soste
meditative, salutari per corpo, mente e spirito, favorendo. purtroppo, il
commettere errori madornali che quasi sempre lasciano danni enormi o, nella
migliore delle ipotesi, segni indelebili nel tracciato degli eventi. Non
mettendo in conto poi, il semplice e sano concedersi le giuste pause per
guardare intorno a noi, per godersi un' alba, il Sole o le nuvole, un tramonto,
un panorama, una persona, un animale o qualsiasi altro elemento della Natura e
non, o meglio, per realizzare fisicamente e consciamente il nostro essere vivi,
sul pianeta, percependo l'attività di ogni nostra singola
cellula e di ogni fibra del nostro corpo.
Agire, muoversi, correre, non
fermarsi mai per non pensare. Almeno diciotto ore al giorno di moto continuo per
arrivare dove? Per ottenere cosa? Un premio forse? Alla conclusione della
nostra esistenza? Il famoso Paradiso? Chi sgobba e soffre ci va di sicuro,
garantisce la Chiesa. Può
darsi. Al momento, l' unica cosa certa è il riposo eterno. È scientificamente provato.
Dove, non è
dato di saperlo. Ma è già una buona notizia.
In ogni caso, l' Uomo di oggi
è
affetto dalla Sindrome dei Tempi Morti,
ovvero: dal terrore della noia. Se incappa in un minuto di inattività va nel panico. "Oddio!
Cosa faccio ora?" . "Cristo, férmati un attimo e pensa.
Potresti risparmiarti, e risparmiarci, una cazzata!". O potresti più semplicemente riposarti
qualche istante. Male non ti farebbe di certo! Invece no. Elabora subito un
Piano B per uscire più in fretta che può dalla pausa riflessiva, dal
nefasto attimo di totale immobilità, dal nocivo ozio. Ha forse
paura dei propri pensieri? Il mero meditare risulta traumatico? Può succedere. A volte, stare in
movimento aiuta a non precipitare nel pozzo di oscuri e disturbanti pensieri,
specie se sono collegati ad eventi che si preferirebbe dimenticare. E questa è una scusa plausibile, nonché valida. Ma se non si hanno
affanni del genere, si metta un secondo la vita in "pausa". Nulla di
catastrofico può avvenire in nostra momentanea assenza. Il
mondo va avanti ugualmente e noi, dopo la pausa cogitativa, possiamo
raggiungerlo senza eccessiva fatica, anzi! Riposáti, più consapevoli e forti.
Chi si ferma non è perduto. È migliore di chi è in movimento perpetuo come
un pupazzo a cui una mano ha girato una chiavetta nella schiena, o sono state
cambiate le batterie. Ma al pupazzo può essere girata la chiavetta,
o cambiate le batterie per rimetterlo in movimento, ad un essere umano, no,
sebbene qualcuno lo vorrebbe. L' essere umano dovrebbe, in teoria, essere
capace di girarsi la chiavetta da solo, o di ricaricare le batterie a suo
piacimento, quando vuole. Tuttavia, stranamente, non sempre accade. Questa
regola non sembra valere per tutti.
L' ozio è il padre dei vizi, ma i vizi
sono bravi figlioli che danno sapore alla vita, e l' ozio è un genitore esemplare che
ama la sua progenie e non l' abbandona al loro destino, anzi! Ha cura che i
suoi ragazzi crescano e consolidino la posizione rendendo l' essere umano ...
più
umano possibile, allontanandolo dal pericolo della robotizzazione, dalla
spersonalizzazione e del raggiungimento della perfezione assoluta, rischi
gravissimi, da evitare come la peste. Se
poi si volesse a tutti i costi conferire una connotazione positiva all' ozio,
si potrebbe sempre dire che l' ozio può essere creativo, cioè impiegato a progettare
qualcosa da fare per il dopo, per il futuro... Ma così che ozio sarebbe? Che ozio è? Da che mondo è mondo l' ozio è un lasso di tempo in cui non
si fa alcun che. È un periodo, breve o lungo, in cui non si
svolgono attività di alcun genere e non si dovrebbe neppure
pensare, creativamente o no. È uno stop benefico che ritempra e rinvigorisce.
Non lo si dovrebbe considerare in modalità negativa come si usa,
purtroppo, fare.
Insomma, in parole povere,
ogni tanto tiriamo il freno e spegniamo il motore. Concediamoci una pausa. Non
ci fa male. I famigerati tempi morti non sono una jattura. Possono invece
essere una salvezza ed una benedizione che prevengono disastri.
Per quel che mi riguarda, le
peggiori decisioni sono state prese sotto pressione, non avendo il tempo per
pensare. Quando l' ho avuto, le cose sono andate in maniera molto diversa.