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martedì 17 settembre 2013

Alieni credenti e fedeli


Mi colpì un caso di qualche anno fa.
Una donna aspettava il quarto figlio ma, ad inizio gravidanza, le venne diagnosticato un cancro, curabile tuttavia previo ciclo di chemioterapia che però avrebbe potuto recare danni al feto. Avendo già tre figli, gli stessi medici le consigliarono di pensare più a lei e curare il suo male. Anche il marito la pregò di seguire la terapia poiché la sua eventuale morte lo avrebbe lasciato solo con tre bambini,  ma lei no. Scelse di non curarsi e portare avanti la gravidanza, oltretutto con sofferenze indicibili. Dio e la Chiesa comandano di preferire la vita ad ogni costo. Secondo lei. Risultato: muore, lasciando il marito, disperato, distrutto dal dolore, ad accudire gli altri tre figli.
Devo andare avanti? 
Per carità! Ognuno è libero di credere in ciò che desidera, in ciò che lo fa star meglio, con il grado di intensità voluto, ed è vero che la religione incita a difendere la vita sopra ogni cosa, ma penso che si verifichino dei casi in cui sarebbe meglio riflettere sulle proprie decisioni. Indubbiamente la fede può essere essa stessa un farmaco che, se proprio non guarisce, di sicuro coadiuva un'eventuale terapia medica oltre a recare un benessere psico-fisico comprovato, ma può anche ottundere la mente al punto di non permettere di valutare con la dovuta correttezza e obiettività la situazione in cui ci si trova. E i fedeli integralisti, ostinandosi a rispettare comandamenti e precetti alla lettera arrivando a negare l'evidenza, possono, in effetti, passare per creature non di questo mondo.

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