Vero, ma solo in parte.
In realtà, dico anche altro.
Se volete leggere ....
Eccoci.
E’ trascorso circa un mese da quando,
per decreto del Governo, gli Italiani sono stati letteralmente segregati fra le
mura domestiche al fine di contrastare il maledetto Coronavirus che sta
mietendo un po’ di vittime in giro per il mondo.
A parte il fatto che altre precedenti
epidemie hanno provocato danni e morti maggiori di quella attuale, confermando,
se fosse stato necessario, l’ ignoranza dei miei compatrioti in Storia, il
punto sta nello spaesamento che gli abitanti dello Stivale stanno vivendo in
queste settimane, percepibile, in particolare, nel disagio del non poter quasi
uscire di casa se non equipaggiati per affrontare lo sbarco in un pianeta
alieno. A ciò si aggiunge l’emersione del peggio di sé fra le mura domestiche a
causa della scoperta improvvisa degli altri i quali, fino a qualche giorno fa,
erano solo apparizioni fugaci fra un impegno di lavoro e uscite per diletto,
recando il minimo sindacale di fastidio. Intendiamoci: non è (stato) cosi per
tutti. Anzi!
Alcuni hanno dichiarato, invece, di
aver ritrovato amicizie, affetti ed amori, relegati prima a semplici comparse,
vaganti in casa come fantasmi. Insomma: come molte sciagure, il Coronavirus non
è arrivato solo per nuocere.
Ciò che, al contrario, sta
sconcertando gli Italiani è la nuova (per l’Italia) modalità di lavorare in
remoto, a distanza, via telematica o come ci piace definirla, che, silenziosamente,
tuttavia con decisione, sta dilagando nel Paese. Qualcuno ci si sta abituando
con una certa disinvoltura, altri annaspano come se stessero annegando.
L’ostacolo più grosso che molti incontrano nel mettere in pratica questo modo
di operare risiede nei pagamenti. Versare, o trasferire denaro via web,
sembra Mission: impossible. La realtà è che se questo sistema fosse
stato introdotto e spalmato con calma nel mondo del lavoro adesso non saremmo
nelle condizioni in cui invece ci troviamo. Però, non tutto è andato male, anzi
! In alcuni settori questa modalità è entrata in funzione abbastanza celermente
ed ora un certo numero di attività economiche lavorano in remoto con destrezza.
La domanda fatidica è: questa bella e
comoda innovazione resisterà, finita l’emergenza pandemia? Torneremo alla
vecchia modalità? Il lavoro telematico poneva un dubbio esistenziale nel vero
significato del termine ovvero: come lavorare a casa in solitudine, senza il
calore di un rapporto umano vis-à-vis, guardandosi negli occhi, conoscendo bene
il carattere espansivo degli Italiani?
Ma la comunicazione in rete contempla
la chance delle videochiamate che consentono ai due interlocutori di guardarsi,
sebbene attraverso un display, spesso piccolo come quello dei telefoni.
Tuttavia, qualcuno osserva, non a torto, che non è la stessa cosa del vedersi
in faccia. Però, ora, in piena pandemia Coronavirus, questo piacere ci è stato
comunque negato per evitare l’espandersi del contagio ergo, che ci lamentiamo a
fare? Rassegnamoci per ora, e usiamo questa modalità apprezzando l’ assenza
dell’ obbligo di farci belli per mostrarci al nostro prossimo, assenza che
però, dati gli strani effetti dell’ immagine virtuale, potrebbe anche provocare
guasti irreparabili nelle relazioni con i nostri simili non conosciuti prima dal vivo.
Nel mio precedente pensiero avevo
accennato all’ impossibilità oggettiva e concreta di esercitare questo modus
operandi in alcuni tipi di lavoro. Se si tolgono i lavori prettamente manuali o
di particolari casi di assistenza a persone (non cito la medicina poiché anche
questa può essere praticata a distanza), l’intero dipartimento burocratico può
essere benissimo trasferito a domicilio con grande beneficio dell’ambiente che
viene ripulito dall’ inquinamento provocato dagli intensi movimenti dei mezzi
di trasporto piccoli e grandi, nonché dall’ uso massiccio di apparecchi per la
termoregolazione della temperatura.
E l’insegnamento? Anche la didattica
può essere svolta a distanza. In alcuni Paesi del mondo è già attuata ma, a
questo proposito, si riscontra una curiosità: la materia più difficile da
insegnare a distanza è proprio l’informatica che sta alla base di questo grande
rinnovamento del lavoro, essendo una materia che necessita di molte
dimostrazioni visive. Insegnare informatica a distanza non è impossibile, tuttavia
l’applicazione della didattica è risultata un filino complessa. Per spiegare
come funziona, e come usare un computer, bisogna procedere con continue
fotografie delle schermate che illustrano le varie fasi dell’ operazione da
eseguire. Non è difficile, ma è un po’ … macchinoso!
Al di là di tutte le implicazioni che
il telelavoro porterà , un altro quesito esistenziale aleggia sulle nostre
teste, specie quelle italiane: ci sarà ancora lavoro? Le misure anti-espansione
di contagio virus hanno costretto molti esercizi a chiudere i battenti per tutto
il periodo della “quarantena”, sottraendo ai gestori i già magri incassi
entranti prima dell’ epidemia, ma poi? Se la chiusura forzata dei negozi – e di
altre attività – dovesse protrarsi per mesi? Non tutti riapriranno, quindi, ai
morti per virus si aggiungeranno quelli che forse moriranno per mano propria,
svuotati di ogni speranza di poter proseguire con un’esistenza se non altro
dignitosa, sostenuta dal minimo che permetta di vivere. E questi ultimi non
saranno meno di coloro che lasciano, hanno lasciato e lasceranno questo mondo,
colpiti dal Coronavirus. Il Governo ha promesso misure per contrastare la
povertà.
Vedremo.
Speriamo.
Alla prossima.
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