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sabato 7 marzo 2015

NOI, FANCIULLE





Da qualche parte, una scintilla scoccò e un gruppo di operaie morirono in un tragico incendio scoppiato in una fabbrica americana di camicie, l'8 marzo del 1908. Ma sembra che non sia andata veramente così. La fabbrica Cotton, a New York, dove dovrebbe essersi consumato l'incendio, in realtà, non è mai esistita mentre invece il grave incidente sarebbe avvenuto all'interno della fabbrica Triangle, sempre a New York, il 25 marzo del 1911, in cui morirono 146 persone: 123 donne, in prevalenza italiane ed ebree,  e 23 uomini. L'incidente, comunque, è divenuto il simbolo della lotta femminile contro la bassa considerazione che la donna ha dovuto sempre subire nei secoli addietro per colpa di una mentalità retrograda che voleva ed ha sempre messo le donne in secondo piano in nome del predominio maschile, retaggio di una cultura distorta radicata nei secoli. Questa spiacevole situazione ha però avuto l'effetto del boomerang, contro l'uomo, provocando la reazione del "sesso debole" che si è tirato su le maniche ed ha iniziato una lotta più che legittima per ottenere i diritti fondamentali spettanti ad ogni individuo di natura umana: il diritto al voto, il diritto alla dignità, il diritto alla parità. Il primo è stato ottenuto, il secondo non ovunque, il terzo, anche questo, non ovunque. Eppure, se si torna indietro nella storia, si scopre che presso alcuni popoli antichi, come per esempio gli Etruschi, le donne non erano affatto escluse dalla vita pubblica e, talvolta, ricoprivano anche incarichi importanti e impegnativi. Tuttora, presso alcuni popoli della Terra, la donna è una figura accentratrice della società di quella popolazione. Il Rinascimento Europeo è stato dominato dalla mai tramontata grandiosa figura di Elisabetta Ia d'Inghilterra, sovrana di uno stato da lei trasformato in pochi anni in un impero sul quale il Sole non scendeva mai sotto la linea dell'orizzonte. Dunque, non potremmo certo dire che le lotte femminili, con i loro esiti più o meno positivi, siano caratteristica dell'ultimo secolo del 2o Millennio, ma si scopre che, approdati felicemente nel 3o millennio - e questa è una scoperta amara - , in molti casi, la strada da percorrere per conferire alle donne anche quel minimo di dignità che si meriterebbero è ancora lunga, senza nemmeno pretendere troppo.  
Perché, nel 2015 questa situazione permane ancora?
Cosa è successo?
Cosa succede?
Il mondo occidentale industrializzato ha, più o meno, accettato e metabolizzato questa realtà ma la percentuale mediorientale no, o almeno non tutta. In Paesi come l'Afghanistan, la donna non ha neppure diritto allo studio; in altri Stati della fascia islamica, più evoluti, si viaggia su un'accoglienza del gentil sesso, talvolta effettivamente praticata ed una solo apparente, tuttavia, non ostacolata con aggressività.
In Italia?
In Italia le donne sono entrate in più casi a Montecitorio ma non sempre hanno reso onore al loro ingresso, alla loro elezione e al loro impegno nell'incarico in cui sono state coinvolte. E' inutile istituire l'odiosa ed ipocrita percentuale delle "quote rosa" se poi le interessate non si dimostrano all'altezza dei compiti assegnati. Emma Bonino, eletta Ministro degli Esteri, non ha saputo affrontare ed amministrare il caso dei nostri due marò prigionieri in India e non parliamo poi di Elsa Fornero, responsabile della peggior riforma di lavoro e pensioni mai concepita da mente umana presumibilmente raziocinante, da cui è uscita la sfortunatissima categoria degli "esodati",  formata da poveretti rimasti per colpa sua mesi senza stipendi e senza pensioni (e alcuni ancora in tale condizione), conseguenza di una gran confusione - e grossi imbrogli voluti -  nei calcoli di questi ultimi, letteralmente in stato di "animazione sospesa" a causa di progressivo mancato introito economico necessario alla pura sopravvivenza.
Nel settore della pubblica istruzione, poi, non ne parliamo neanche. Le donne che hanno presieduto questo delicatissimo ministero ne hanno combinate una peggio dell'altra. Dunque, perché eleggere donne incapaci a svolgere il proprio lavoro solo per vederci rappresentate sugli scranni, spesso vuoti, della Camera dei Deputati?
Meglio lasciar perdere.
Ma veniamo a noi, abbiamo il coraggio di guardarci allo specchio e negli occhi e domandiamoci se e quanto, la lotta alla parità dei sessi ci è convenuta.
Indubbiamente non avremmo potuto sostenere a lungo lo stato di essere inferiore all'uomo, all'essere maltrattate o, quanto meno, all'essere trattate da serve o, peggio, solo come oggetti eroganti puro piacere fisico per la soddisfazione degli istinti animaleschi maschili, ma l'aver combattuto per ottenere anche noi il nostro posto al sole ci è costato qualcosa e, se non ci soffermiamo in superficie, questo qualcosa, in certi casi, è pesante.
Il nostro voler metterci e mantenerci sempre in prima linea, allo stesso livello dei nostri simili uomini, ha prodotto un clima di continua competizione che, se da un lato può essere visto anche in modo positivo, animando altresì una situazione che altrimenti rimarrebbe statica e soporifera (sempre le stesse "facce" maschili), dall'altro ci ha costretto e ci costringe ad un superlavoro che, immancabilmente provoca stress e lo aumenta ma mano che conquistiamo il nostro spazio.
Risultati? Siamo nevrasteniche poiché, oltre al lavoro esterno, abbiamo mantenuto anche quello interno alle quattro mura domestiche che comprende la cura della famiglia, per chi la ha, ergo, invece di un solo lavoro, alcune di noi, ora, ne ha almeno altri due e spesso, purtroppo, in uno di questi, càpita di perdere colpi che sortiscono gravi ripercussioni sul target, ovvero: la famiglia, spugna e vera e propria carta assorbente degli stati d'animo di chi lotta per continuare a garantire i diritti fondamentali femminili alle esponenti delle generazioni future.

Socialmente, le aggressioni selvagge di gruppo ed i femminicidi sono i segnali di profondo fastidio che le battaglie per questi diritti producono negli animi dei nostri uomini. Qualcuno si è mai soffermato, anche solo per pochi istanti, a riflettere sulla tolleranza dimostrata sempre in Italia, dai nostri compagni, verso i"fratelli musulmani"? Come mai questa tolleranza? Perché, in realtà, sotto, sotto, i maschietti italiani medi invidiano i loro simili islamici per la possibilità concessa niente meno che dal testo sacro del Corano di sposare quattro donne - attenzione però!! I nostri uomini leggano bene le istruzioni d'uso su questo vantaggio  - , di essere circondati da concubine, di poter picchiare e ripudiare le medesime se non soddisfatti nelle prestazioni richieste, una mentalità levantina che non è presente solo nel Meridione Italiano, segnale inequivocabile, appunto, della lunga strada ancora da percorrere nonostante tutto.