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venerdì 11 maggio 2018

LA SINDROME DEI TEMPI MORTI






Da cinefila incallita, comincio col citare lo splendido e famosissimo film di Charlie Chaplin "Tempi moderni" , esemplare metafora del ritmo frenetico, robotico e disumano imposto al lavoratore in una fabbrica per produrre al massimo secondo i dettami dell' economia che pretende introiti in ogni istante del tempo. Vedendo il film si ride, o meglio, si sorride a denti stretti, percependo chiaramente una terribile amarezza di fondo, stante proprio nel seguire il protagonista il quale finisce alla  lettera stritolato negli spietati ingranaggi della catena di montaggio che alimenta la produzione industriale. Lavorare dunque, sempre, senza sosta, con la concessione  di soli pochi minuti per consumare un pasto veloce, spesso consistente in un panino mangiato in piedi, per poi riprendere il posto alla catena, e continuare a produrre in nome della concorrenza. Memorabile la sequenza dell' infernale apparecchio a cui Charlot viene inchiodato per poi essere imboccato in modo da velocizzare il pranzo.



Chi più produce, più guadagna. Ma non è questo il punto che intendo toccare. Il punto è l' assenza di tempo per pensare anche soltanto di essere vivi e al mondo, e ciò non riguarda solo l' attività travolgente del lavoro industriale, bensì la vita stessa di tutti noi.

 

Chi si ferma è perduto, si usa dire; sicuri che sia così? È proprio necessario riempire ogni attimo della nostra esistenza facendo qualcosa, senza fermarsi mai se non per alimentarsi e dormire? Tutto questo per arrivare dove? Che nella vita ci si ponga un obiettivo, o svariati obiettivi ci può stare; è giusto o, almeno, è quasi naturale, ma è davvero saggio demolirsi di fatica, impiegando ogni istante del proprio tempo nel raggiungimento di tale obbiettivo senza permettersi mai una pausa di riflessione e semplicemente guardarsi intorno, se non altro per aggiornarsi sul nostro prossimo che ci sta vicino?

 

La giornata comincia all' alba con il lavoro e termina al tramonto col ritorno a casa, accolti dalla famiglia che reclama le sue sacrosante esigenze. "Non ho mai un minuto per me!" é il lamento continuo classico, soprattutto della donna di oggi, divisa fra il lavoro fuori e dentro le mura domestiche, come se avesse seguito una sorta di prescrizione medica! Nessun dottore le ha ordinato di lavorare e metter su famiglia, ma lei lo ha fatto, fagocitata dalla consuetudine, da una specie di legge non scritta, ma da rispettare come se fosse presente nel codice civile, non fermandosi a pensare se veramente sarebbe valsa la pena farlo o se sarebbe stata idonea a sobbarcarsi una simile fatica. Si fa e basta perché tutte lo fanno. Tutte? Proprio tutte? Più o meno, sì.

 

Anche questo è una sorta di meccanismo, un' induzione automatica prodotta dall' abitudine e dallo stimolo dell' emulazione. "Anch' io voglio una famiglia, con figli" è la frequente dichiarazione di molte ragazze che vedono le amiche più avanti in età, scorrazzanti spingendo carrozzine e passeggini, salvo poi rendersi conto, al momento in cui anch' esse si trovano nella medesima situazione, che quella vita non è per loro.

 

Ma al giorno d' oggi pensare sembra vietato o, quanto meno,  sconsigliato. Bisogna rimanere in moto. Sempre. Fare senza pensare. Vivi come fosse il tuo ultimo giorno sulla terra, ma pensa come se potessi campare cent' anni! Se ogni tanto non posi i remi in barca, difficile che riuscirai a campare cent' anni! Il corpo umano è un motore che alla lunga, se usato troppo, si rovina e cessa di funzionare prima della scadenza. Poi ci si lagna perché il mondo va a rotoli.

 

La qualità della razza umana pare essersi deteriorata oltremodo; qualcuno  si è domandato il perché? Va detto però che il perenne e frenetico movimento degli esseri umani, senza avere mai un minuto per riflettere, torna comodo a chi comanda in quanto la mancanza di tempo per pensare evita qualunque tipo e tentativo di critica verso gli interessati. "Lavora, schiavo! Non fermarti! Potresti sorprenderti a pensare! Non va bene" direbbe un Capo il quale per primo sa che se il suddito si ferma per riposarsi, immancabilmente pensa, e non è impossibile che il suo pensiero sia negativo nei confronti del superiore.

 

E così ognuno di noi riempie il giorno di attività, non di rado inutili, le quali però impediscono le soste meditative, salutari per corpo, mente e spirito, favorendo. purtroppo, il commettere errori madornali che quasi sempre lasciano danni enormi o, nella migliore delle ipotesi, segni indelebili nel tracciato degli eventi. Non mettendo in conto poi, il semplice e sano concedersi le giuste pause per guardare intorno a noi, per godersi un' alba, il Sole o le nuvole, un tramonto, un panorama, una persona, un animale o qualsiasi altro elemento della Natura e non, o meglio, per realizzare fisicamente e consciamente il nostro essere vivi, sul pianeta, percependo l'attività di ogni nostra singola cellula e di ogni fibra del nostro corpo.

 

Agire, muoversi, correre, non fermarsi mai per non pensare. Almeno diciotto ore al giorno di moto continuo per arrivare dove? Per ottenere cosa? Un premio forse? Alla conclusione della nostra esistenza? Il famoso Paradiso? Chi sgobba e soffre ci va di sicuro, garantisce la Chiesa. Può darsi. Al momento, l' unica cosa certa è il riposo eterno. È scientificamente provato. Dove, non è dato di saperlo. Ma è già una buona notizia.

 

In ogni caso, l' Uomo di oggi è affetto dalla Sindrome dei Tempi Morti, ovvero: dal terrore della noia. Se incappa in un minuto di inattività va nel panico. "Oddio! Cosa faccio ora?" . "Cristo, férmati un attimo e pensa. Potresti risparmiarti, e risparmiarci, una cazzata!". O potresti più semplicemente riposarti qualche istante. Male non ti farebbe di certo! Invece no. Elabora subito un Piano B per uscire più in fretta che può dalla pausa riflessiva, dal nefasto attimo di totale immobilità, dal nocivo ozio. Ha forse paura dei propri pensieri? Il mero meditare risulta traumatico? Può succedere. A volte, stare in movimento aiuta a non precipitare nel pozzo di oscuri e disturbanti pensieri, specie se sono collegati ad eventi che si preferirebbe dimenticare. E questa è una scusa plausibile, nonché valida. Ma se non si hanno affanni del genere, si metta un secondo la vita in "pausa". Nulla di catastrofico può avvenire in nostra momentanea assenza. Il mondo va avanti ugualmente e noi, dopo la pausa cogitativa, possiamo raggiungerlo senza eccessiva fatica, anzi! Riposáti, più consapevoli e forti.

 

Chi si ferma non è perduto. È migliore di chi è in movimento perpetuo come un pupazzo a cui una mano ha girato una chiavetta nella schiena, o sono state cambiate le batterie. Ma al pupazzo può essere girata la chiavetta, o cambiate le batterie per rimetterlo in movimento, ad un essere umano, no, sebbene qualcuno lo vorrebbe. L' essere umano dovrebbe, in teoria, essere capace di girarsi la chiavetta da solo, o di ricaricare le batterie a suo piacimento, quando vuole. Tuttavia, stranamente, non sempre accade. Questa regola non sembra valere per tutti.

 

L' ozio è il padre dei vizi, ma i vizi sono bravi figlioli che danno sapore alla vita, e l' ozio è un genitore esemplare che ama la sua progenie e non l' abbandona al loro destino, anzi! Ha cura che i suoi ragazzi crescano e consolidino la posizione rendendo l' essere umano ... più umano possibile, allontanandolo dal pericolo della robotizzazione, dalla spersonalizzazione e del raggiungimento della perfezione assoluta, rischi gravissimi, da evitare come la peste.  Se poi si volesse a tutti i costi conferire una connotazione positiva all' ozio, si potrebbe sempre dire che l' ozio può essere creativo, cioè impiegato a progettare qualcosa da fare per il dopo, per il futuro... Ma così che ozio sarebbe? Che ozio è? Da che mondo è mondo l' ozio è un lasso di tempo in cui non si fa alcun che. È un periodo, breve o lungo, in cui non si svolgono attività di alcun genere e non si dovrebbe neppure pensare, creativamente o no. È uno stop benefico che ritempra e rinvigorisce. Non lo si dovrebbe considerare in modalità negativa come si usa, purtroppo, fare.

Insomma, in parole povere, ogni tanto tiriamo il freno e spegniamo il motore. Concediamoci una pausa. Non ci fa male. I famigerati tempi morti non sono una jattura. Possono invece essere una salvezza ed una benedizione che prevengono disastri.

Per quel che mi riguarda, le peggiori decisioni sono state prese sotto pressione, non avendo il tempo per pensare. Quando l' ho avuto, le cose sono andate in maniera molto diversa.