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sabato 28 dicembre 2013

Gli alieni...che vogliono stare a casa


3o caso di ipocrisia.

Ritorno sul tema lavoro, ma è inutile che ripeta le stesse cose. Conosciamo tutti la situazione in Italia su questo campo, tuttavia, il mio ritorno sull'argomento è motivato dal desiderio - o dalla disperazione - di alcuni, espressi più o meno in tutto il nostro territorio, ma soprattutto dal centro in giù, di lasciare l'Italia per cercar fortuna altrove.
Che dire?
Visto l'andazzo è comprensibile, ma chi manifesta questa intenzione non creda che, varcato il confine, entri in Paradiso.
Primo assunto: in alcuni Stati dell'Europa, e del mondo, trovare occupazione è forse più facile, le paghe sono più alte, anche di molto, rispetto a quelle elargite in Italia, ma il costo della vita è proporzionalmente più elevato di quello che si sostiene nel nostro Paese (vedere Paesi del Nord Europa dalla Gran Bretagna in su, ma anche in Svizzera non si scherza!). Per contro, negli Stati dove il costo della vita è ragionevole (Spagna e Grecia) il lavoro non si trova e la situazione è peggiore di quella Italiana.
Ultimamente la Spagna ha registrato un 40% di disoccupazione a tutti i livelli e per tutte le età; la Grecia non è neppure da prendere in considerazione.
Secondo assunto: all'estero non siamo molto amati proprio nei Paesi dove un italiano potrebbe trovare qualcosa di buono, e questo, purtroppo, a causa di alcune "mele marce" che in passato, non avendo mostrato molta volontà nel lavorare, hanno gettato fango sulla "razza" permettendo ai popoli ospiti di etichettarci come scansa-fatiche.
Le uniche categorie italiane di lavoratori,  apparentemente ben accette all'estero, sono quella dei ricercatori, accolti ovunque con onore e soldi; e quella dedita al servizio di ristorazione, in parole povere, quella costituita da chi apre ristoranti nei quali si propone l'ottima cucina italica che conquista e mette d'accordo tutti. Le altre categorie soffrono, a meno che i componenti non possano esibire titoli di studio e qualifiche molto alte, e molto competitive, in grado di sbaragliare la concorrenza, spesso formata da elementi che hanno terminato brillantemente la loro carriera scolastica e universitaria presso prestigiosi istituti, raccolti nel Regno Unito, in Francia, e nell'America del Nord.  I "normo-dotati", ossia coloro che vantano curricula culturali normali, che non ricercano, o che non servono vivande succulente, sono destinati, quando va bene, a servire le vivande sopra citate ai tavoli di bar, pizzerie, pub e ristoranti, magari aperti  e gestiti da connazionali.
I nostri emigranti prendono di più rispetto ai loro simili che servono in Italia? Forse. Anzi, senza dubbio, ma poi, quando vanno a far la spesa, trovano che una mela costa due euro oppure, se devono spostarsi con i mezzi per recarsi al lavoro, scoprono che il tragitto per il quale, su un mezzo, in Italia pagano circa 10 euro, nello Stato ospite costa 40 euro o, addirittura 45 sterline. Risultato: alla fine del mese non ci arrivano ugualmente. Vale dunque davvero la pena mollare baracca e burattini nel nostro scalcinato Paese per andare a far sacrifici in suolo estero? Ben inteso che qualcuno ha avuto una buona sorte, rimediando un posto di lavoro in un comunissimo ufficio, ma non sono tanti quanti si vuole far credere. Inoltre, anche all'estero, in alcuni Stati, nel mondo del lavoro ci sono limiti di età per entrarci. Dunque, meglio diradare subito il denso fumo che spesso ci viene sparato negli occhi per nascondere una realtà che invece dovrebbe essere rivelata, e cominciare, invece, a pensare seriamente ad operare cambiamenti definiti qui, nella nostra terra. Molti sospirano lamentandone l'impossibilità per un immobilismo atavico e radicato, prodotto di un malgoverno almeno cinquantennale, ma se andiamo avanti in questo modo, l'Italia si svuoterà dei suoi abitanti per riempirsi di Indiani, Pakistani, Siriani, Magrebini, Romeni, Bulgari, Russi, Cinesi e altri, perdendo del tutto la propria identità e trasformandosi in una sorta di immensa megalopoli cosmopolita degna di un film di fantascienza catastrofista. Per cosa poi?
A questo punto qualcuno potrebbe chiedermi se io ho la "ricetta del secolo" o comunque una ricetta per ovviare all'inconveniente di dover lasciare il suolo natio per sbarcare meglio il lunario. No, ma mi domando, per esempio, perché mai in Italia stenta a decollare la possibilità di lavorare non all'estero, ma con l'estero, comodamente seduti su una sedia nel nostro salotto, nel nostro studio (per chi lo ha), o nella nostra stanza, davanti ad un computer o a un tablet. In altri Paesi del mondo il lavoro a distanza è una realtà da decenni, in Italia lo si guarda in cagnesco, diffidenti.
E' vero che non tutti i mestieri possono essere svolti premendo il tasto ENTER, ma quelli di natura "burocratica" si, quindi, perché, intanto non cominciare da questi ultimi?  Sfortunatamente però, gli Italiani, si sa, - in genere - sono allergici alle innovazioni, salvo poi lamentarsi di doversene andare per mancanza di alternative valide.
E in ogni caso, chi decide di cercare il suo futuro fuori dai confini italiani, pur essendo comunque meritevole di rispetto per la scelta, non creda di essere la quintessenza del coraggio. In questo momento è più difficile rimanere qui, a casa, ma provare a cambiare il futuro delle nostre generazioni per evitar loro di dover espatriare per vivere.

Infine, chi sono gli alieni? Sono quelli che restano. Sono quelli che non vogliono andar via. Sono quelli che non si adattano passivamente alla crisi o ad una situazione comunque negativa; sono invece quelli che silenziosamente, ma inesorabilmente, con tranquilla, tuttavia inarrestabile tenacia, costringono la crisi ed il mondo ad adattarsi alla loro volontà. Sono quelli che, forse, ci salveranno.

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