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venerdì 11 maggio 2018

LA SINDROME DEI TEMPI MORTI






Da cinefila incallita, comincio col citare lo splendido e famosissimo film di Charlie Chaplin "Tempi moderni" , esemplare metafora del ritmo frenetico, robotico e disumano imposto al lavoratore in una fabbrica per produrre al massimo secondo i dettami dell' economia che pretende introiti in ogni istante del tempo. Vedendo il film si ride, o meglio, si sorride a denti stretti, percependo chiaramente una terribile amarezza di fondo, stante proprio nel seguire il protagonista il quale finisce alla  lettera stritolato negli spietati ingranaggi della catena di montaggio che alimenta la produzione industriale. Lavorare dunque, sempre, senza sosta, con la concessione  di soli pochi minuti per consumare un pasto veloce, spesso consistente in un panino mangiato in piedi, per poi riprendere il posto alla catena, e continuare a produrre in nome della concorrenza. Memorabile la sequenza dell' infernale apparecchio a cui Charlot viene inchiodato per poi essere imboccato in modo da velocizzare il pranzo.



Chi più produce, più guadagna. Ma non è questo il punto che intendo toccare. Il punto è l' assenza di tempo per pensare anche soltanto di essere vivi e al mondo, e ciò non riguarda solo l' attività travolgente del lavoro industriale, bensì la vita stessa di tutti noi.

 

Chi si ferma è perduto, si usa dire; sicuri che sia così? È proprio necessario riempire ogni attimo della nostra esistenza facendo qualcosa, senza fermarsi mai se non per alimentarsi e dormire? Tutto questo per arrivare dove? Che nella vita ci si ponga un obiettivo, o svariati obiettivi ci può stare; è giusto o, almeno, è quasi naturale, ma è davvero saggio demolirsi di fatica, impiegando ogni istante del proprio tempo nel raggiungimento di tale obbiettivo senza permettersi mai una pausa di riflessione e semplicemente guardarsi intorno, se non altro per aggiornarsi sul nostro prossimo che ci sta vicino?

 

La giornata comincia all' alba con il lavoro e termina al tramonto col ritorno a casa, accolti dalla famiglia che reclama le sue sacrosante esigenze. "Non ho mai un minuto per me!" é il lamento continuo classico, soprattutto della donna di oggi, divisa fra il lavoro fuori e dentro le mura domestiche, come se avesse seguito una sorta di prescrizione medica! Nessun dottore le ha ordinato di lavorare e metter su famiglia, ma lei lo ha fatto, fagocitata dalla consuetudine, da una specie di legge non scritta, ma da rispettare come se fosse presente nel codice civile, non fermandosi a pensare se veramente sarebbe valsa la pena farlo o se sarebbe stata idonea a sobbarcarsi una simile fatica. Si fa e basta perché tutte lo fanno. Tutte? Proprio tutte? Più o meno, sì.

 

Anche questo è una sorta di meccanismo, un' induzione automatica prodotta dall' abitudine e dallo stimolo dell' emulazione. "Anch' io voglio una famiglia, con figli" è la frequente dichiarazione di molte ragazze che vedono le amiche più avanti in età, scorrazzanti spingendo carrozzine e passeggini, salvo poi rendersi conto, al momento in cui anch' esse si trovano nella medesima situazione, che quella vita non è per loro.

 

Ma al giorno d' oggi pensare sembra vietato o, quanto meno,  sconsigliato. Bisogna rimanere in moto. Sempre. Fare senza pensare. Vivi come fosse il tuo ultimo giorno sulla terra, ma pensa come se potessi campare cent' anni! Se ogni tanto non posi i remi in barca, difficile che riuscirai a campare cent' anni! Il corpo umano è un motore che alla lunga, se usato troppo, si rovina e cessa di funzionare prima della scadenza. Poi ci si lagna perché il mondo va a rotoli.

 

La qualità della razza umana pare essersi deteriorata oltremodo; qualcuno  si è domandato il perché? Va detto però che il perenne e frenetico movimento degli esseri umani, senza avere mai un minuto per riflettere, torna comodo a chi comanda in quanto la mancanza di tempo per pensare evita qualunque tipo e tentativo di critica verso gli interessati. "Lavora, schiavo! Non fermarti! Potresti sorprenderti a pensare! Non va bene" direbbe un Capo il quale per primo sa che se il suddito si ferma per riposarsi, immancabilmente pensa, e non è impossibile che il suo pensiero sia negativo nei confronti del superiore.

 

E così ognuno di noi riempie il giorno di attività, non di rado inutili, le quali però impediscono le soste meditative, salutari per corpo, mente e spirito, favorendo. purtroppo, il commettere errori madornali che quasi sempre lasciano danni enormi o, nella migliore delle ipotesi, segni indelebili nel tracciato degli eventi. Non mettendo in conto poi, il semplice e sano concedersi le giuste pause per guardare intorno a noi, per godersi un' alba, il Sole o le nuvole, un tramonto, un panorama, una persona, un animale o qualsiasi altro elemento della Natura e non, o meglio, per realizzare fisicamente e consciamente il nostro essere vivi, sul pianeta, percependo l'attività di ogni nostra singola cellula e di ogni fibra del nostro corpo.

 

Agire, muoversi, correre, non fermarsi mai per non pensare. Almeno diciotto ore al giorno di moto continuo per arrivare dove? Per ottenere cosa? Un premio forse? Alla conclusione della nostra esistenza? Il famoso Paradiso? Chi sgobba e soffre ci va di sicuro, garantisce la Chiesa. Può darsi. Al momento, l' unica cosa certa è il riposo eterno. È scientificamente provato. Dove, non è dato di saperlo. Ma è già una buona notizia.

 

In ogni caso, l' Uomo di oggi è affetto dalla Sindrome dei Tempi Morti, ovvero: dal terrore della noia. Se incappa in un minuto di inattività va nel panico. "Oddio! Cosa faccio ora?" . "Cristo, férmati un attimo e pensa. Potresti risparmiarti, e risparmiarci, una cazzata!". O potresti più semplicemente riposarti qualche istante. Male non ti farebbe di certo! Invece no. Elabora subito un Piano B per uscire più in fretta che può dalla pausa riflessiva, dal nefasto attimo di totale immobilità, dal nocivo ozio. Ha forse paura dei propri pensieri? Il mero meditare risulta traumatico? Può succedere. A volte, stare in movimento aiuta a non precipitare nel pozzo di oscuri e disturbanti pensieri, specie se sono collegati ad eventi che si preferirebbe dimenticare. E questa è una scusa plausibile, nonché valida. Ma se non si hanno affanni del genere, si metta un secondo la vita in "pausa". Nulla di catastrofico può avvenire in nostra momentanea assenza. Il mondo va avanti ugualmente e noi, dopo la pausa cogitativa, possiamo raggiungerlo senza eccessiva fatica, anzi! Riposáti, più consapevoli e forti.

 

Chi si ferma non è perduto. È migliore di chi è in movimento perpetuo come un pupazzo a cui una mano ha girato una chiavetta nella schiena, o sono state cambiate le batterie. Ma al pupazzo può essere girata la chiavetta, o cambiate le batterie per rimetterlo in movimento, ad un essere umano, no, sebbene qualcuno lo vorrebbe. L' essere umano dovrebbe, in teoria, essere capace di girarsi la chiavetta da solo, o di ricaricare le batterie a suo piacimento, quando vuole. Tuttavia, stranamente, non sempre accade. Questa regola non sembra valere per tutti.

 

L' ozio è il padre dei vizi, ma i vizi sono bravi figlioli che danno sapore alla vita, e l' ozio è un genitore esemplare che ama la sua progenie e non l' abbandona al loro destino, anzi! Ha cura che i suoi ragazzi crescano e consolidino la posizione rendendo l' essere umano ... più umano possibile, allontanandolo dal pericolo della robotizzazione, dalla spersonalizzazione e del raggiungimento della perfezione assoluta, rischi gravissimi, da evitare come la peste.  Se poi si volesse a tutti i costi conferire una connotazione positiva all' ozio, si potrebbe sempre dire che l' ozio può essere creativo, cioè impiegato a progettare qualcosa da fare per il dopo, per il futuro... Ma così che ozio sarebbe? Che ozio è? Da che mondo è mondo l' ozio è un lasso di tempo in cui non si fa alcun che. È un periodo, breve o lungo, in cui non si svolgono attività di alcun genere e non si dovrebbe neppure pensare, creativamente o no. È uno stop benefico che ritempra e rinvigorisce. Non lo si dovrebbe considerare in modalità negativa come si usa, purtroppo, fare.

Insomma, in parole povere, ogni tanto tiriamo il freno e spegniamo il motore. Concediamoci una pausa. Non ci fa male. I famigerati tempi morti non sono una jattura. Possono invece essere una salvezza ed una benedizione che prevengono disastri.

Per quel che mi riguarda, le peggiori decisioni sono state prese sotto pressione, non avendo il tempo per pensare. Quando l' ho avuto, le cose sono andate in maniera molto diversa.

giovedì 10 agosto 2017

IL SENSO DELLA VITA







E' la domanda del millennio: qual è il senso della vita?

E almeno una volta al giorno ci poniamo questa domanda, che essa sorga spontanea o che si trovi il tempo di porcela. Le risposte? Un miliardo forse; tutte plausibili ma anche no.

Ma la vita HA un senso?

Veniamo al mondo senza che nessuno ci chieda se davvero vogliamo venirci. Sì, perché quando accade noi siamo piccolissimi, totalmente indifesi, non in grado di intendere e volere, quindi non capaci di controbattere ed esprimere il nostro eventuale dissenso all'iniziativa che, ovviamente non parte da noi, ma da noi viene supinamente accettata senza la minima possibilità di opporci.

Cresciamo - se siamo fortunati, in buone famiglie ,-  ma non ci impieghiamo molto tempo a scoprire che stare al mondo è maledettamente duro, cosa di cui non ne siamo stati informati, ma andiamo avanti lo stesso.

Ed è qui che si concentra l'interrogativo inquietante però è sempre qui che, strano a dirsi, possiamo trovare la risposta fondamentale.

Fermiamoci un attimo ed esaminiamo la nostra esistenza con calma e spirito analitico.

Non ce ne rendiamo mai del tutto conto, eppure, anche quando crediamo di avere il mondo in mano e di poter decidere al cento per cento il nostro cammino, ci troviamo invece a percorrere un sentiero quasi obbligato.


"Cosa vuoi fare da grande?" ci viene chiesto da familiari, amici, amici di familiari e familiari di amici. Le nostre scelte per il futuro vengono spesso influenzate da ciò che in cui ci imbattiamo all'esterno: il mondo reale e quello virtuale, ancor più incisivo ed invadente, che ci conduce, agendo sull'inconscio con insidiosi e perniciosi messaggi subliminali, per una strada che deve portarci verso un obiettivo ed un luogo che noi crediamo sempre essere stabilito da noi quando, al contrario, è già stato fissato non necessariamente da qualcuno.


Ma è per tutti così?


Teoricamente sì, però si può rimediare.


Se vogliamo, e se riusciamo a svegliarci dal sortilegio lanciato da ignoti sugli esseri umani, possiamo sempre prendere in mano le redini della nostra vita e condurre il cavallo dove piace a noi, a costo di scelte, non di rado discutibili.


Torniamo al senso della vita.


Ha senso vivere una brutta vita?


No, ma la si vive ugualmente, sperando in miglioramenti che spesso non arrivano mai, e questa specie di fatalismo mutua dal condizionamento, anche questo inconscio, derivante dall'educazione religiosa che dilaga fra l'umanità dotata di fede, non sempre per reale convinzione, bensì per una specie di becero automatismo.


"Se soffri in vita, vai di sicuro in paradiso dove starai bene per l'eternità" questo, più o meno è il "mantra" che sentiamo come scusante di conforto per tutte le traversie che incontriamo sulla strada della nostra esistenza. Gli Indiani ne hanno fatto una filosofia. Se in una delle tante vite te la sei spassata, nella successiva, farai la fame sul marciapiedi di una via di Calcutta. E nessuno protesta.  Ma per loro è così da millenni ... da sempre!


In Occidente è diverso, tuttavia, la differenza non è poi enorme come sembra.


Il concetto è comunque questo: se in vita triboli, alla fine avrai il premio, la medaglia di martire e godrai una vita eterna felice.


Neanche per sogno!


L'unica certezza è il riposo eterno. Il resto è avvolto nel mistero. O forse non c'è proprio. Ma se così fosse, andrebbe bene ugualmente. Una volta giunti al traguardo, gli occhi si chiudono e le funzioni vitali cessano, insieme con tutte le tribolazioni possibili ed immaginabili sopportate in vita. Anche questo è Paradiso.


Ciò che è importante però, è cosa accade prima.


Il senso della vita.


Poniamoci questa domanda specifica, scrollandoci di dosso gli orpelli religiosi o, comunque moralistici: che senso ha vivere male, se ti càpita di esserci costretto, per di più, con la prospettiva di una totale assenza di chances che ti concedano di apportare miglioramenti alla tua esistenza?


Ecco... il senso della vita è questo o, almeno, credo sia questo.


La vita ha un senso se è una buona vita. Non dico bella, ma buona. Se contiene quello che desideri, che ti rende felice ed appagato, che ti permette di raggiungere e ottenere benessere materiale e morale, non dimenticando, in ogni caso, il tuo prossimo.


Se lo vuoi, devi cercarlo e trovarlo? Sì, vero, ma vale la pena.

giovedì 30 marzo 2017

ESSERE CONSIDERATI GENI E' RISERVATO SOLO A CHI E' BRAVO COI NUMERI?




Archimede, Galilei, Newton, e ai nostri tempi, Einstein, Nash, Hawking, tralasciando, forse ingiustamente, altri nomi illustri della scienza in tutti i campi, sono considerati geni, perché? Perché sono bravi coi numeri? Intendiamoci: tanto di cappello a questi nostri simili che sguazzavano fra formule matematiche, fisiche e chimiche come pesci nell' oceano se penso che io ed i numeri abbiamo sempre camminato su binari paralleli i quali non si sono mai incontrati e probabilmente non si incontreranno mai, ma cosa dire invece di chi ha usato i suoi neuroni e le sue sinapsi per creare cose fantastiche in altri campi che non siano seminati a cifre?



Leonardo da Vinci, beato lui, era ferrato in tutti i campi dello scibile: dalla scienza, all'arte, e anche nella letteratura ma, tornando indietro nel tempo, cosa dire del Sommo Poeta Dante Alighieri che ha scritto la Divina Commedia (ok, voci di corridoio sussurrano che non l'abbia scritta con la mente del tutto libera, ma non è confermato e non è neppure un dettaglio rilevante!) in cui ha inventato di sana pianta - pescando info nelle Sacre Scritture - ben tre regni ultraterreni con tanto di scenografia, personaggi (realmente esistiti), situazioni, pensieri, sentimenti e sensazioni, regalando al lettore immagini indimenticabili, descritte in versi altrettanto memorabili che sono divenuti quasi dei tormentoni?


Manzoni ci ha fatto fremere con il suo romanzo romantico/storico raccontandoci le vicende di Renzo e Lucia; Leopardi ci ha fatto sognare e pensare con i suoi versi intensi, quasi palpabili, sebbene tristi; Giulio Verne, nei suoi "viaggi" fantascientifici, è stato profetico e infine Talkien, nel suo monumentale Signore degli Anelli, ha saputo costruire un intero universo, collocato in un'altra dimensione, con una geografia propria, una struttura sociale e politica se proprio vogliamo vederla in questi termini, narrandoci le avventure fantasy di Frodo ed i suoi amici nel tentativo disperato di disfarsi di un oggetto che potrebbe distruggere quel mondo fantastico. 

E ancora, cosa vogliamo dire di chi scrive thrillers? Un thriller può essere di amministrazione ben più difficile di un mare di formule matematiche in quanto la trama è faccenda scientifica. Alla fine tutti i conti devono tornare perfettamente e leggendo alcuni romanzi gialli, il lettore si trova spesso a chiedersi come l'autore riuscirà a sbrogliare una matassa che, a volte, è più ingarbugliata di una rete da pesca zeppa di nodi. 

Il Grande Sonno di Raymond Chandler è un intrico pazzesco di fatti che però, al termine, si sdipana in un finale che non fà una piega se si capisce cosa succede prima. 

E come non menzionare il geniale e perfetto meccanismo narrativo, congegnato da Umberto Eco nel suo Nome della Rosa, giallo passato poi al cinema con successo universale, e infine alla Storia della narrativa e letteratura di molti tempi? Ambientata nel Medioevo più oscuro, la vicenda è rischiarata tuttavia dal cervello sopraffino di Guglielmo da Baskerville che riesce a violare la labirintica biblioteca del convento in fondo alla quale si nasconde l'assassino, risolvendo l'enigma dell'ingresso e i tanti altri enigmi che Eco si è divertito a sciorinargli in tutta la trama del romanzo. 




E come dimenticare il fantastico meccanismo "a orologeria" di Assassinio sull' Orient Express e 10 Piccoli Indiani di quel genio femminile nota al mondo col nome d'arte Agatha Christie? Alzi la mano chi pensa che avrebbe potuto fare di meglio !


Non è da meno il nostro Andrea Camilleri che muove il suo Montalbano in situazioni piuttosto complicate, partendo, a volte, da dettagli, all' iniziale apparenza, poco importanti, conducendo il lettore, a piccoli passi, verso l'impeccabile soluzione finale attraverso i meandri delle indagini, non di rado piuttosto tortuosi.

 

Chi realizza film per il cinema e chi inventa ed elabora gli effetti speciali per esso non merita di essere considerato un fenomeno nell'emozionare lo spettatore proiettandolo in una dimensione onirica, cancellandogli per un paio d'ore la sconsolante realtà in cui è costretto a vivere?



Onore a chi nuota agilmente fra i numeri, ma nell'elenco delle menti illuminate io inserirei anche chi ci fa sognare con le parole, impresa, secondo me, ancora più difficile. Due più due fa quattro anche per un quasi analfabeta, ma scegliere e collocare le parole nel modo giusto per regalare emozioni non ha prezzo, né rivali. E' come scrivere una partitura musicale. Le note devono susseguirsi per creare una melodia perfetta e gradevole.

Anche questa, se vogliamo dire, è una scienza.

W gli scrittori !

Nemmeno loro possono essere presenti nelle liste di persone normali o, almeno, comuni.


Anche loro, a loro modo, sono alieni.

giovedì 2 marzo 2017

DIVINA BESTIA




In principio fu l'animale.
In mancanza di riferimenti concreti a divinità più o meno esistenti, i nostri antenati, a cominciare dai primitivi, hanno sentito la necessità di iconizzare entità superiori a loro che essi non riuscivano a vedere, ma forse percepivano a pelle o a sensitività.
In altre parole più semplici e povere, l'Uomo ha sempre cercato qualcosa o qualcuno che fosse in grado di sbrigare grane, apparentemente impossibili da risolvere per le semplici menti ed anime terrene, dando origine così al sentimento religioso o, più pedestremente, al divino o al sovrannaturale, e ha voluto raffigurarle con immagini che potessero dar loro un'idea concreta di chi stessero effettivamente adorando.
Passeggiando per la Storia approdiamo alle antiche civiltà: Fenici, Ittiti, Babilonesi ma, soprattutto Egiziani, che avevano scelto un bue, Api, ed un cane: Anubi, come materializzazione visiva di due dei loro dèi, tanto per farsi un'idea di quanto i nostri avi tenessero in considerazione le creature del mondo animale.

Nella Bibbia si legge e si apprende che, credendo di aver perso per strada il loro Dio, un manipolo di suoi adoratori lo avessero sostituito con un ovino, ricoprendo il suo vello con oro per aver qualcosa di visibile da venerare.  

Alt! Non ho intenzione di scrivere un trattato sulle religioni antiche, né tanto meno un vademecum sulle rappresentazioni delle entità divine, bensì una riflessione su come ora, nel 21^ secolo, in piena epoca tecnologica, gli umani sembrano dedicare molto del loro tempo ma, soprattutto, delle loro sostanze, agli amici quadrupedi, bipedi, pelosi o piumosi, anteponendo la loro importanza, in certi casi, a quella dei nostri simili, cadendo così in esagerazioni ridicole, patetiche e, talvolta, anche piuttosto fastidiose.

Sono la prima ad affermare che ai nostri amici non parlanti nessuno ha il diritto di far del male e che il farlo è segno di profonda e riprovevole crudeltà ed inciviltà, ma arrivare a destinare il proprio patrimonio economico al loro mantenimento piuttosto che ad un essere umano in palese necessità di aiuto, perfino il Pontefice si è espresso in tema dichiarando lui medesimo che è assurdo ed anche ingiusto.

Insomma, gente, un po' di moderazione e raziocinio non guasterebbe !

Siamo d'accordo che, a volte, gli esseri umani si comportano e reagiscono peggio degli animali, per giunta con l'uso del cervello, cosa che spinge molti a pronunciare la fatidica e ormai retorica frase: più conosco gli uomini, più amo gli animali, ma a tutto c'è un limite e qui, i limiti vengono spesso superati in un delirio di amore verso la categoria, che porta a pensare ad un progressivo e preoccupante affievolirsi della capacità di comunicazione fra di noi. La dedizione a 360 gradi verso le bestiole nasconde in realtà - e poi neanche tanto - il non saper più parlare agli umani, il non volerci più parlare per timore di essere feriti, - siamo diventati suscettibili in maniera impressionante! -  e, last but not least, l'ancor minore desiderio di crescere ed evolversi. Dedicarsi a loro h24, parlare a loro e con loro, mostrando il rifiuto del mondo umano equivale a voler uscire dal reale, sottraendosi anche alle più piccole responsabilità che la vita ci presenta. E questo non è per nulla ragionevole.


Quindi, signori, diamoci una regolata ed una ridimensionata. Occuparci ed accudire i nostri amici di cui sopra è bello e nobile, ma affacciamoci anche al balcone del nostro vicino e chiediamogli se ha bisogno di qualcosa. E se lo ha, e noi possiamo darglielo o, almeno aiutarlo ad ottenere, proviamoci! Non penso che ne trarremo un grosso danno. 

martedì 20 dicembre 2016

CARO AMICO TI SCRIVO.....







....così, mi distraggo un po' " cantava il grande Lucio Dalla alcuni anni orsono, nella sua famosa e bella canzone che ha accompagnato alcune generazioni tra cui la mia, e ancora si sente in radio, specie in questo periodo natalizio, avendo il testo la caratteristica tipica di un resoconto di fine anno, o fine della storia di qualcuno.

  "Caro amico ti scrivo perché qualcosa, ancora qui non va", continua la canzone, alludendo chiaramente alla situazione molto precaria che tutti, più o meno, viviamo, in un'Italia, penisola attaccata alla terraferma, e all'Europa, tramite la catena alpina ma, in realtà, somigliante ora ad una barca in alto mare burrascoso di guai, che procede faticosamente arrampicandosi sulle pareti liquide di imponenti marosi che la investono minacciando di affondarla.
Cosa vogliamo da questo amico immaginario? Perché stiamo scrivendogli?

   Cosa si scrive, in genere, ad un amico, immaginario o reale che sia?
Gli si racconta cosa facciamo? Come va?
Caro amico, è inutile che te lo dica. Forse lo sai anche tu perché quasi tutto il mondo sa cosa facciamo dal momento che, contrariamente ad altri Paesi, con tutta probabilità anch'essi incasinati fino al collo ma avari sul fronte delle informazioni relative alla propria situazione interna, noi italiani facciamo continuamente outing su ciò che succede sul nostro territorio, apparendo così un Paese, in eterno sul piede del collasso e del default, quando invece dovremmo almeno provare ad elencare cosa va, sebbene l'elenco non sia molto lungo.

   Per esempio: si è appena saputo che l'Italia brilla per essere un Paese "riciclone". Sarà la crisi, ma sembra che abbiamo imparato a riciclare molto, o quasi tutto. Dite niente? In compenso, non abbiamo ancora imparato alla perfezione come si effettua una raccolta differenziata della spazzatura, almeno da Roma in giù, tranne qualche isola felice (Salernitano).

   La terra ha tremato e trema ancora qua e là per la penisola, lungo le tre grosse faglie che la attraversano in senso latitudinale; le case sono crollate e continuano a crollare; le bombe d'acqua sommergono intere zone del suolo italico, completando così l'opera distruttiva dei vari sismi ed evidenziando come gli edifici di recente fabbricazione siano stati eretti con criteri discutibili, da tecnici di dubbia preparazione e competenza, nonché molta superficialità, oltre a mettere in risalto le scorrettezze ambientali perpetrate dai soliti corrotti e corruttori con pochi scrupoli. Per contro, le opere architettoniche di vecchia data hanno resistito anche ad un settimo grado Richter senza che si sia formata una piccola crepa, proseguendo, per fortuna, ad essere meta di un turismo, pare, in forte ascesa.

  Le donne continuano ad essere uccise da uomini che non accettano di sentirsi dire di no perché così educati in casa da madri che considerano il figlio maschio un dio da venerare, non avendo ancora imparato, le prime, quanto meno a difendersi con una bella e pesante padella di ghisa, data con forza sulla testa, in mancanza di armi improprie (pistole o coltelli, se non quelli da cucina), non ancora consentite dalla legge, scritta da uomini.

   Gli immigrati, provenienti da Paesi del mondo più sfortunati e disastrati dell'Italia, continuano a sbarcare sulle nostre coste e gli Italiani, nonostante qualche borbottio di scontentezza e disapprovazione da comprendere, seguitano a dimostrarsi abbastanza ospitali con chi se la passa peggio di noi.

   Gli italiani sono stati chiamati ai seggi per decidere se cambiare parte della Costituzione e questi hanno risposto: NO. La Costituzione non si cambia. Erano convinti o non hanno capito la domanda? Oppure non hanno letto le istruzioni per l'uso? Le istruzioni non erano chiare, involontariamente o no?

  Il 2016 era anno bisestile? Anno bisesto, anno funesto, eppure l'estate del 2016 è stata forse una delle migliori, climaticamente e meteorologicamente parlando, nell'arco degli ultimi cento anni, con tanto Sole e temperature alte sì, ma non insopportabili come quelle registrate nell'estate del 2015. Risultato? Pare che il 2016 possa essere annoverato come uno dei migliori per vino e frutta, con una notevole cifra di produzione vinicola di ottima qualità. Una bottiglia di vino del 2016 potrebbe essere un tesoro da conservare.
Insomma, non è andato tutto, tutto male!

E per concludere, caro amico, mi piacerebbe, per una volta - ma sarebbe bello che diventasse un'abitudine -, festeggiare il prossimo Natale tutti insieme in piazza, o sotto i portici se il tempo è inclemente. Lavinio è una cittadina del centro Italia, ma con una piazza strutturata come quelle di molte città del nord, - e di molte vie - con i negozi al riparo della pioggia.
Non dal freddo, voi dite?
Ma l'inverno è meglio dell'estate poiché, quando fa freddo, basta coprirsi bene.

Buone Feste, amici lettori! E grazie di seguirmi, malgrado tutto.

sabato 26 novembre 2016

LIDER MAXIMO



Il Leader Maximo è morto, w il Leader Maximo!
Non sono impazzita, ma non si puó negare che Fidel Castro avrà il suo nome nel Walk of Fame della Storia. È stato un santo? È stato un assassino? Entrambe le cose, secondo l'angolazione della visuale che, come tutti gli individui dotati di un minimo sindacale di saggezza ed equilibrio psico-fisico sanno, è frutto dell' esperienza soggettiva.

  Fidel Castro era comunista e una buona percentuale del popolo cubano lo ha ringraziato per quel che ha fatto per loro, strappando la gente dalla condizione di miseria. Il mondo industrializzato è sempre stato convinto, invece, che Castro abbia ridotto Cuba alla miseria. E anche l' altra percentuale dei Cubani, che sono riusciti a fuggire in Florida, Stati Uniti, quindi, un Paese capitalista, la pensa nello stesso modo.

  Al di là di tutto, non dobbiamo dimenticare che la forma comunista di governo, pur non perfetta, non è nata per caso. Nessuno si è svegliato una mattina con l' idea di instaurare un regime comunista in uno Stato solo per far qualcosa di diverso e rivoluzionario. il Comunismo si è radicato in un Paese in conseguenza di condizioni sociali ed economiche divenute insostenibili per la popolazione locale.

  In Russia, sotto gli zar, i contadini venivano venduti con la terra come gli animali allevati, e molti morivano di fame; in Cina, sotto l' impero e i Mandarini. più o meno la stessa cosa.

  E ad un certo punto il popolo si è stancato, è insorto; alcuni personaggi, con le idee chiare - a loro dire - sulla soluzione del problema, si sono messi a capo delle rivolte. hanno rovesciato i governi oppressori e affamatori, sostituendosi e sedendosi sulle poltrone del potere promettendo giustizia ed uguaglianza, cibo e felicità.

  Non è andata esattamente come promesso e come i programmi prevedevano.

  Col passar del tempo, i capi dei nuovi governi hanno dimostrato di non essere molto diversi dai vecchi. "Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri" faceva dire George Orwell a Palladineve, il maialino che aveva guidato la rivolta degli altri animali nella sua famosa favola "La fattoria degli animali". Infatti, negli Stati a regime socialista, i capi vivevano in belle dimore, avevano personale di servizio, case per la villeggiatura, in luoghi ameni, ed auto lussuose, come i capi di governo dei Paesi capitalisti.

   Erano più "uguali degli altri".
  E il popolo ha continuato  a morir di fame, illuso e con la mente obnubilata dai discorsi logorroici dei loro leaders che seguitavano a spandere promesse di benessere, strombazzando la validità del nuovo governo.

   La formula non ha funzionato.

  Non a dovere, secondo le previsioni e le aspettative, e nel 1989 il Muro di Berlino è crollato, abbattuto dalle picconate di chi viveva al di là della Porta di Brandeburgo, a Berlino, città divisa in Ovest ed Est. E insieme col Muro è crollato anche il Comunismo, trascinando nell'alluvione,  gli Stati satellite del blocco sovietico. 

  In Cina, il cambiamento ed il passaggio ad una formula di governo meno socialista, che si avvicina alla realtà del resto del globo, è avvenuto più gradualmente.

  Cosa non ha funzionato? L' uguaglianza non è praticabile nella realtà?

   Cuba era uno degli ultimi angoli della Terra dove il Comunismo è ancora in piedi, benché ormai traballante, e sulla Terra sono pochi gli Stati in cui questo regime è ancora in vigore.

  Fidel Castro era un alieno, ovvero un idealista, un uomo che, comunque, era conscio e convinto del suo pensiero. Un uomo che, in ogni caso, va considerato per la posizione che ha ricoperto nel destino del mondo.


  Questa non è politica, amici miei. È Storia, con la "S" maiuscola.

   Sono anti-comunista? 
  Sono solo una persona che ama guardare le cose non da un solo punto di vista. Mi piace la stereo-visione. Mi pare di renderlo chiaro, no?

Mi sento spesso chiedere da che parte sto. 
Sto dalla parte dell'obiettività ma, tranquilli! Ho  idee politiche precise.